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Arechi Media

Ogni epoca ha bisogno di simboli


Per un partito politico il simbolo è tutto: deve essere riconoscibile fra i tanti presenti sulla scheda elettorale, deve indicare appartenenza ad una comunità politica e deve, infine, essere rappresentativo di quei valori fondanti il partito. Insomma, il logo di un partito politico non è solo quella descrizione fredda che si fa sopra i moduli elettorali, ma rappresenta la componente emozionale del movimento. Dietro un logo c'è un'esperienza, un'emozione, una visione: dietro quei 3 cm per 3 cm vi sono intrecci ed esperienze di vita uniche. Questa visione, sensazionale ed emotiva valeva per i partiti della I repubblica: il modello di partito personalistico non esisteva ancora e l'esperienza comunitaria di un partito era la caratteristica più forte. Il logo era il simbolo più rappresentativo del credo politico: lotta di classe, la difesa dall'ombra del comunismo, la testimonianza dei vinti erano tutte racchiuse nel proprio simbolo.

Il disfacimento della I repubblica ha portato, invece, un appropriarsi del leader del simbolo politico: si è iniziato ad inserire insieme alla visione comunitaria anche quella verticistica del presidente del partito. La politica intesa come mediaticità, fa perdere il lato emozionale comunitario lasciando il posto alla visione del capo: nasce così il partito persona che vede nella figura di Silvio Berlusconi uno dei maggiori promoter. Il sistema politico italiano, diventa presidenziale, senza un'effettiva modifica parlamentare: si fa credere all'elettore che il suo voto sarà determinante nella scelta finanche del prossimo presidente del Consiglio. Basti pensare al sistema del proporzionale introdotto nel 2006: il centrodestra, a differenza della coalizione avversaria, si inventò il c.d. gioco delle tre punte che nella sostanza serviva a stimolare una competizione interna di coalizione. In tal senso il logo diventava un plebiscito nei confronti del personaggio politico.

Con l'avvento dei social e con una politica più diretta grazie all'abbattimento del corpo intermedio che è il partito, la funzione del nome sul logo appare fondamentale: il partito quasi viene inglobato in un disegno in cui ciò che deve emergere è il nome del leader. A qualunque competizione elettorale si prenda parte, ciò che conta è far vedere il più possibile il nome del capo. Neanche le elezioni amministrative sono immuni da tale logica: il candidato prescelto viene accompagnato dal leader "per" le elezioni locali.

Una sorta di mistica approvazione dall'alto e, per dirla in termini attuali, un like o un follower da parte del capo.


L'evoluzione del logo rispecchia i cambiamenti politici attuali: l'essenza emotiva sta sparendo sempre di più per dare spazio al personaggio che più rappresenta il partito. Un gioco che, però, rende il consenso non più ben definibile e polarizzato, ma volatile e interscambiabile.


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