Un personaggio che ha goduto dei riflettori mediatici in questo periodo di pandemia è Vincenzo De Luca: il governatore superstar, armato di lanciafiamme contro i laureati festaioli e pronto a mettere al pubblico ludibrio i runner cinghialoni, è un esempio, da ormai decenni di comunicazione politica.
Del modo di comunicare del politico di Ruvo del Monte ne abbiamo discusso con Domenico Giordano, Spin Doctor ed autore del libro “DE LUCA – La Comunicazione politica di Vincenzo De Luca da Sindaco a Social Star” (AreaBlu Edizioni, pg.104) che da anni segue in modo perdutamente innamorato, purtroppo non ricambiato, Vincenzo De Luca”. Un libro che sintetizza in maniera chiara e concreta l’azione politica del Governatore della Campania: vengono ben raccontate la sua ascesa politica e mediatica, la capacità di essere diretto senza intermediazione orizzontale e verticale, la sua voglia di picchiare duro il nemico come Mike Tyson. Insomma in 104 pagine è ben sintetizzato il mood dello Sceriffo.
1- La genesi di De Luca non è social: il governatore della Campania ha attraversato 3 epoche politiche diverse (I, II e III Repubblica) riuscendo sempre a rimanere in piedi e primeggiare anche e soprattutto grazie alla sua capacità comunicativa. Mentre molti politici durano il tempo di una fase politica (M5S, Renzi, Berlusconi), De Luca resta: quanto secondo lei è importante la capacità del governatore della Campania di adattarsi al mezzo comunicativo del tempo?
In verità, dal mio punto di vista, De Luca non si è affatto adattato, almeno non per una scelta cosciente e volontaria, anzi è stata la natura dei nuovi mezzi, la rete e i social network, ad adeguarsi velocemente al contenuto deluchiano piuttosto che al suo mittente.
Mi spiego meglio. Per De Luca il mezzo è rimasto negli anni sempre lo stesso, la sua comfort zone era e rimane ancora la televisione, e di conseguenza il video con il quale può esaltare la sua capacità oratoria e salvaguardare al contempo un’interlocuzione gerarchica, mediata e senza alcun confronto. Vincenzo De Luca non ha mai abiurato, né derubricato nella sua trentennale parabola politica, la scelta “televisiva” quale mezzo principale della sua comunicazione. Anzi, l’ha trasferita sic et simpliciter sui social inizialmente come territorio di nicchia, per poi accorgersi della capacità virale prodotta dagli utenti a prescindere dalla volontà del mittente. In sintesi, De Luca non si è adattato al mezzo, ma è stato il mezzo che ha adottato De Luca.
2 - Il fenomeno De Luca è trasversale: la sua dialettica e il suo modo di fare riescono a trovare consensi in bacini politici eterogenei. Nel suo feudo, Salerno, De Luca prima di essere identificato in un partito o in una coalizione politica viene esaltato come l'uomo capace di cambiare la città: questa "veste" cucitasi addosso di persona diretta, schietta e lontana dalle etichette di partito è stata sempre a livello mediatico la sua arma in più?
In un’Italia dove è diffusa e radicata la percezione che nessuno si assume mai la responsabilità di decidere su qualcosa, a De Luca è stato alquanto facile comprendere che il suo trasversalismo passasse da questo imbuto. De Luca è per antonomasia un politico decisionista e su questa narrazione egli ha speso e si è speso per decenni perché consapevole che in tal modo avrebbe abbattuto qualsiasi steccato culturale, politico e partitico.
3 - Un dato che mi ha colpito e che ha portato alla luce in maniera eccellente nel suo libro è il seguente: il consenso di De Luca si rafforza sempre nelle II tornate elettorali. Così è stato sia nelle varie elezioni comunali salernitane (1993 e 1997 / 2006 e 2011) e sia nelle recenti elezioni regionali (2015 e 2020). In questa opera di rafforzamento quanto sono fondamentali i due fattori chiave della comunicazione di De Luca, ossia, la capacità di raccontare la storia di un modello unico e la sua abilità a trovarsi sempre nuovi nemici?
Queste due direttrici sono funzionali al successo della comunicazione di Vincenzo De Luca e di conseguenza ai suoi traguardi elettorali per un motivo assai semplice: egli è stato un antesignano delle attuali campagne elettorali permanenti. Prima e meglio di tutti ha compreso che la politica italiana si andava leaderizzando e questo processo di trasformazione epocale necessitava di una comunicazione senza soluzione di continuità. Quando poi sulla scena troviamo solo e soltanto un leader e quel leader è anche bravo nella narrazione allora diventa tutto più semplice.
4 - De Luca nell'attraversare le diverse fasi della politica, ha dovuto fare i conti anche con i diversi stili di comunicazione: da quella "televisiva" a quella social. Dai monologhi su LiraTV (emittente salernitana) alle lunghe dirette FB. Nella sostanza non sembra cambiato nulla, ma nella pratica cosa invece ha dovuto modificare, tenendo presente che il mezzo social è radicalmente diverso da quello televisivo?
De Luca non ha cambiato nulla, anzi ha ulteriormente spinto su alcune caratteristiche. Il passaggio dalla televisione al social è stato del tutto indolore, in quanto non ha apportato alcuna modifica al registro linguistico, scenico, narrativo posturale. De Luca ha sempre considerato il social un’appendice per sfigati fino a quando non ha compreso l’enorme capacità, per lui a costo zero in termini di tempo, energie e risorse, di viralizzare un un contenuto.
Nell’acquisizione di questa capacità c’è stata una trasformazione di De Luca che pur di stimolare le reazioni degli utenti è caduto nella palude dell’iper-comunicazione.
5 - All'inizio del 2020 prima della pandemia, il ciclone De Luca non era ancora scoppiato: anzi possiamo anche dire che, forse, in condizioni normali il trionfo dell'attuale governatore non era poi così scontato. Quanto la pandemia ha aiutato De Luca nella sua riconferma?
Vincenzo De Luca, spiace dirlo, deve alla pandemia il 90% della sua rielezione con un risultato che ha sfiorato il 70% dei consensi. Come ho sottolineato in altre occasioni, il voto di settembre è stato per molti campani un “voto di riconoscenza”, come se avessero pagato il loro debito morale nei confronti di chi si è posizionato nei mesi iniziale della pandemia come un “Salvatore”.
6 - Il boom social del presidente della Campania è datato marzo/aprile 2020: mentre quasi tutti i politici arrestavano la loro comunicazione social e interrompevano le sponsorizzazioni, De Luca decide di adottare la strategia inversa. Tralasciando il discorso di correttezza istituzionale, la strategia di accentrare le informazioni e notizie sulla pandemia in Campania dal portale della Regione a quello personale, si è rivelata vincente sia in termini di like e sia in termini di crescita personale. Ritiene questo lo snodo la mossa vincente della sua campagna elettorale?
Non proprio, la campagna di sponsorizzazione è stata massiccia ma ha solo accelerato in parte i tempi di crescita dei fan della pagina Facebook perché tutte le campagne erano finalizzate all’acquisizione di nuovi fan e non certo a stimolare le interazioni o alla copertura del campione. La vera strategia invece ha riguardato la pubblicazione dei contenuti informativi sulla pandemia, perché questa veniva effettuata con un timing differente che dava priorità alla pagina del presidente rispetto a quella della Regione Campania per canalizzare traffico sulla prima piuttosto che sulla seconda.
7 - Ad oggi, con una pandemia più lunga del previsto e con una crisi economica imminente, la comunicazione di De Luca sembra stancare: l'uomo politico è imbrigliato nel personaggio e l'incapacità di dare risposte alla popolazione sono maggiori rispetto alla sua capacità di storytelling di un "modello Campania". Perché secondo lei non la comunicazione di De Luca non accenna a cambiare di passo?
Perché Vincenzo De Luca per dribblare questo rischio, come ha sempre fatto in passato, porta sul ring ogni giorno e ogni volta un nuovo nemico, un diverso sparring partner. Adesso, è la volta del generale Figliuolo, nominato da Draghi nuovo commissario all’emergenza in sostituzione di Arcuri. Un nemico funzionale al momento e che domani sarà di certo rimosso e sostituito.
8 - Nella comunicazione di De Luca il nemico gioca un ruolo fondamentale: possiamo dire che De Luca esiste solo se può crearsi un nemico da poter mettere alla berlina e distruggere. De Luca eccelle se attira un nemico da poter abbattere: questo modus operandi a Salerno e in Campania è risultata vincente, ma non crede che lo ha limitato nell'avere spazio a livello nazionale?
Può essere, certo. Perché questo atteggiamento inevitabilmente ti taglia dei ponti, alinea delle simpatie, costruisce anche dei nemici invisibili e l’ascesa dalla periferia alla capitale ha bisogno di un numero di convergenze che nella strategia del “tutti nemici” inevitabilmente ti alieni.
9 - Lei nell'ultimo capitolo si lancia in un'analisi per battere De Luca a livello comunicativo: in 30 anni quasi di deluchismo nessuno ci è mai riuscito, sa dare una spiegazione?
In verità, nel 2010 al suo primo tentativo di scalata a Palazzo Santa Lucia, Vincenzo De Luca fu sconfitto da Stefano Caldoro, comunque a parte quell’episodio poi è sempre stato premiato dalle urne. La spiegazione più plausibile la evidenzio anche nel libro: De Luca si presenta agli elettori come un incumbent, ovvero l’uscente, senza poltrona. Adotta il linguaggio e le categorie dello sfidante, del cosiddetto challanger, proprio lui che invece è chiamato a perpetuare il suo mandato. Questa strategia, per lungo tempo non compresa dagli avversari, gli ha consentito di intercettare ogni volta quella quota di malcontento dell’elettorato che invece di essere catturata dagli sfidanti di turno era catalizzata per lo più proprio da Vincenzo De Luca.
Comments