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Come cambia la comunicazione nelle diverse stagioni della politica

L'evoluzione della politica italiana non è scandita solo dai fatti o avvenimenti: la nascita ad esempio della II Repubblica per molti è identificata con i processi di "Mani Pulite" o con la "discesa in campo" di Silvio Berlusconi. Parimenti, ad esempio, la III Repubblica nasce con i "Vaffa Day" o con la grande affermazione elettorale dei grillini.

Il cambiamento della politica italiana, invece, passa necessariamente nei diversi modi di comunicare che hanno segnato, in maniera irreversibile, lo scenario politico italiano.

 

Una comunicazione statica, tradizionale classica era quella della I Repubblica. Con la televisione che si stava piano piano introducendo nelle case degli italiani (restava ancora uno strumento per pochi), il manifesto restava lo strumento utile ed unico per attirare l'attenzione dell'elettorato. Simbolo d'appartenenza al partito, serviva per dare un messaggio chiaro e forte: ad esempio, la Democrazia Cristiana, il maggior partito italiano in quegli anni, spesso "giocava" con il simbolo proprio (lo scudo crociato) per indicare il ruolo di protezione che questa aveva nei confronti degli italiani contro il regime comunista che minacciava l'Italia. La difesa della libertà e dei valori italiani, passava essenzialmente per quello scudo.

Una comunicazione che doveva essere partitica e ne rispecchiava a pieno i suoi valori, facendo sentire l'elettore come parte di una comunità.

 

L'avvento della II Repubblica in Italia non solo cambia la politica, ma anche il modus operandi. Ormai il mezzo televisivo è lo strumento che domina le case italiane e, una politica al passo con i tempi, deve riuscire anche a dominare la TV. Si passa dai comizi ai talk, dai congressi agli eventi.

In questo processo di spettacolarizzazione della politica, il protagonista indiscusso è senza dubbio l'imprenditore prestato alla politica, Silvio Berlusconi. Dal famoso discorso della "discesa in campo" alla campagna elettorale del 2001, tutto è un visto come un format televisivo. L'elettorato non è più quello classico d'appartenenza, ma ormai è come se fosse la parte dello share.

 

E arriviamo ad oggi, alla III Repubblica, forse da un certo punto di vista, a livello politico, la peggiore fase politica della nostra Italia. Oggi, la rete, la piazza virtuale, cannibalizza il consenso dei leader, che puntano non più sugli elettori, ma su veri e proprio follower. La dinamicità della rete, impone un messaggio politico rapido, e in continuo aggiornamento. Le carriere politiche si costruiscono in base ai like delle pagine facebook o instagram. Una comunicazione diretta che abbatte l'intermediazione dei corpi politici, ma che fa sentire il leader più vicino, forse troppo, alla base: una community di persone che ha sostituito la comunità politica. L'era dei social dove la politica è smart e, come la rete, liquida.

 

Le tre fasi dell'Italia (con ansia attendiamo la IV) rispecchiano un'evoluzione che non è solo politica, ma anche, e soprattutto comunicativa: i cambiamenti dell'assetto politico sono frutto dei cambiamenti dello strumento.

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